7.8.09

cinema


A Pier Paolo Pasolini venne proposto nel 1963 di realizzare un film-documentario che, attraverso i cinegiornali dell'epoca, descrivesse l'Italia di quel periodo, dopo quindici anni di guerra fredda. Quando il produttore visiono' il film si spavento' a tal punto, giudicandolo troppo di sinistra, da chiedergli numerosi tagli e di aggiungere una "seconda parte" realizzata da Giovanni Guareschi che facesse da contraltare da "destra". Dopo molte perplessita' Pasolini accetto' ma quando vide il montaggio finale si infurio' tanto da decidere di ritirare la firma all'intero progetto. Il film intitolato "La rabbia" si rivelo' un insuccesso e venne ritirato dalle sale dopo pochi giorni. E' composto da spezzoni di cinegiornali sui quali vengono lette da Giorgio Bassani e Renato Guttuso poesie e brevi prose di Pasolini. All'ultimo Festival di Venezia e' stata presentata la versione integrale ricomposta da Giuseppe Bertolucci che ha aggiunto i sedici minuti eliminati dalla prima edizione. Guareschi non c'e' piu'. L'analisi compiuta da Pasolini e' tagliente, dai funerali di De Gasperi alla rivoluzione cubana, da Marylin Monroe all'Algeria per arrivare all'Italia, ai conflitti sociali che con molta acutezza il poeta-regista aveva gia' individuato nella societa' italiana, la previsione di un fascismo di tipo diverso, piu' strisciante, meno aggressivo, le difficolta' create dall'immigrazione, il razzismo, la diffusione della televisione, da poco entrata nelle case, "morte dell'anima e veicolo dimenzogne", la trasformazione antropologica di un popolo millenario, la perdita di quella bellezza che Pier Paolo vedeva nei suoi "ragazzi di vita". Rimane, appunto, la rabbia come via di uscita dal disastro, la capacita' di indignarsi e dire no.
La rabbia. Pier Paolo Pasolini. Italia.

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