15.11.09

cinema

Il mito di almeno due generazioni, il raduno musicale di "pace, amore e musica" avvenuto nell'agosto del 1969, visto con gli occhi di un ragazzo normalissimo, non ha i capelli lunghi e nemmeno fuma erba, è il soggetto dell'ultimo bellissimo lavoro di Ang Lee, tratto da un romanzo di Elliott Tiber . Il festival di Woodstock è osservato da lontano, appena sfiorato, il film si concentra in maniera corale su alcuni personaggi stravaganti e divertenti. Seguiamo i preparativi del festival, la sgangheratissima organizzazione in un motel da otto dollari (nove con l'asciugamano) poi "Motel Woodstock" si dipana in piccole storie personali. Attraverso Elliott, omosessuale represso, il vero artefice della scelta del luogo dove allestire il megaconcerto, assistiamo allo scontro tra le retrograda mentalità della piccola comunità campagnola e gli invasori che sembrano provenire da un altro mondo. Piano piano Elliott si libera, grazie ad un certo uso di hashish, si allontana dal groviglio familiare terribile con una madre dispotica e ossessionata dall'antisemitismo; i Doors, Country Joe and the Fish, Richie Havens sono lontani, attraverso una nuvola colorata che è la scena più bella del film. Che il mito abbia inizio.
Motel Woodstock. Ang Lee. U.S.A.

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