29.8.09

societa'

La semplice sostituzione di alcune parole, da “marito e moglie” a “coniugi”, ha reso possibile il matrimonio tra persone dello stesso sesso in Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Germania, in Sud Africa. Semplice si fa’ per dire; sono cambiamenti che richiedono tempo per essere accettati dalla societa’, eppure in molti Paesi e' accaduto. Altrove, in Spagna, Belgio, Olanda, in pochissimi stati americani, in Norvegia, in Canada, il diritto di matrimonio e’ stato esteso alle coppie gay. In Italia, dove il pregiudizio e’ a livelli patologici e non esiste alcuna legge a tutela delle persone omosessuali, e’ iniziata una battaglia a livello legale portata avanti da un gruppo di coraggiosi che cerca di sfruttare alcune indeterminatezze della nostra Costituzione (come e’ avvenuto in Sud Africa). Nel nostro caso si tratta dell’articolo 29 che riconosce la famiglia come societa’ naturale fondata sul matrimonio basato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Ecco: la Costituzione non parla del sesso dei "coniugi", parola che indica sia maschio che femmina; questa mancanza di chiarezza e’ dovuto al fatto che, naturalmente, negli anni ’40 non era nemmeno prevedibile un matrimonio tra gay. Ma ora si’, e la si sta sfruttando.
Questa sorta di “grimaldello” linguistico e’ alla base della battaglia legale che stanno portando avanti gli avvocati della Rete Lenford e l’Associazione Certi Diritti nei ricorsi (per discriminazione) contro le sentenze emesse da alcuni Tribunali a cui si erano rivolte le coraggiose coppie gay che si sono viste rifiutare dai loro Comuni di residenza la richiesta di pubblicazione di matrimonio civile con la classica spiegazione che sarebbe “contrario all’ordine pubblico”. Davanti al rifiuto della pubblicazione in Anagrafe alcune coppie hanno fatto ricorso. A Roma e a Firenze il ricorso e’ stato immediatamente respinto, ai Tribunali di Torino e di Trento, nella sezione che si occupa del diritto di famiglia, invece hanno deciso di discuterne. E’ un avvenimento forse d’importanza storica perche’ sono ben 22 le coppie (anonime per evitare speculazioni mediatiche) che hanno accolto un appello lanciato da Certi diritti e hanno deciso di percorrere questa strada legale dai risultati incerti ma che rimane in ogni caso un passo avanti perche’ e’ un modo, come dicono gli avvocati della Rete Lenford, per stimolare il dibattito giuridico e arrivare ad una legge che tuteli davvero le unioni civili.

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